venerdì 28 dicembre 2012

Romanina:- L'Assenza di uno Stato di Diritto porta all'abbandono

Rifugiati in stato di abbandono nella periferia di Roma

Conoscendo la storia di queste persone, essendo stato il testimone diretto dell'accaduto, avendo trattato in prima persona, con le autorità competenti, per conto e a nome dei rifugiati, che iniziarono la lotta, per chiedere dignità e rispetto dei loro diritti, vi racconto come sono andate le cose.


In questi giorni si legge molto sulla stampa estera, il casi dei profughi in stato di abbandono nella periferia di Roma, nella zona di Romanini.
L'ex sede dell'Università di Torvergata, che fu occupato nel 2006 dai profughi lasciati in mezzo alla strada, con le promesse fatte dalla giunta di Veltroni, cacciati via dall'ex deposito dei treni - Tiburtina, conosciuto come "Hotel Africa", delle centinaia di persone solo pochi hanno trovato accoglienza nelle strutture del "Sistema Nazionale di Accoglienza" gli altri prima occuparono il Palazzo abbandonato in Via Colatina, tutto ora ospita più di 500 rifugiati di origine eritrei ed etiopi, dal momento che arrivavano sempre più rifugiati che non trovavano accoglienza presso le pochissime strutture dello Sprar o altre strutture di accoglienza, nel mese di gennaio del 2006 occuparono il palazzo in via Arrigo Cavaglieri, 8, ma pochi giorni dopo, furono sgomberati, inizio una trattativa con il Gabinetto del Sindaco e la Prefettura di Roma.
I profughi dopo un mese di peripezie sotto la pioggia e fango, dormendo nelle tende, grazie alle forti sollecitazione del Prefetto di Roma Achille Serra, al Comune di Roma, per trovare una soluzione, il Gabinetto propone come soluzione di riportare questi rifugiati nel palazzo dal quale sono stati cacciati, con una piccola modifica, cioè il comune o chi per lui, hanno murato tutte le scale dei vari piani, tranne il settimo e il sesto piano, dove hanno pensato bene di ammassare circa 250 persone, molte delle quali famiglie, con soli due bagni per piano disponibili, questa soluzione non ha soddisfatto i rifugiati, anzi si sono sentiti presi in giro, dopo un mese lasciati nelle tende in mezzo al fango, con le promessi che il comune di roma stava preparando una sistemazione dignitosa, si sono ritrovati a tornare nel palazzo fatiscente dal quale sono stati cacciati, come si dice dopo il danno anche la beffa, ora dovevano vivere in questo palazzo in condizioni peggiori di quando lo avevano occupato.
Cosi il giorno dopo i rifugiati occupano tutto lo stabile buttando giù le mura che sono stati alzati per impedire loro l'accesso ai piani inferiori, dopo un momento di stallo con la mediazione del X Municipio riprende una trattativa con il gabinetto del Sindaco, per una costruzione di un progetto serio complesso per favorire non solo una accoglienza dignitosa, si voleva andare oltre, costruire un progetto di inclusione sociale, offendo ai rifugiati uno spazio sociale, anche strutture auto gestite, tutto questo incontrava forte opposizioni delle varie cooperative  interessate alla gestione della struttura, ma dopo una trattativa durata un anno e sei mesi, sembrava travata La soluzione, con un progetto scritto a quattro mani, cioè il Comune, Municipio, Rifugiati e Provincia di Roma, nel estate del 2007 il gabinetto del Sindaco propone il trasferimento dei rifugiati in altre tre strutture, la diffidenza dei rifugiati resta molto alta perché molti di loro sono stati già scottati per due volte, da promesse tipo che "L'Elefante partorisce un topolino". Quindi i rappresentati dei rifugiati per mia mediazione chiedono al gabinetto del Sindaco, che una delegazione dei rifugiati possa andare a vedere queste strutture per dissipare la diffidenza dei rifugiati che non si fidano, di lasciare il certo per l'incerto, ma il comune nega ogni possibilità di visionare queste strutture, ogni uno si irrigidisce nella propria posizione, mandando in fumo il lavoro faticosi di un anno e mezzo di trattative, riunioni e assemblee.

Ecco quale la storia di questo palazzo della vergogna, dove lo stato è stato totalmente assente, questo caso è solo una punta di un enorme montagna sepolta dall'indifferenza delle amministrazioni locali e governi centrali che si sono succeduti in questo paese. A Roma ci sono anche rifugiati che vivono nei baraccopoli come a Ponte Mammolo, una discarica a celo aperto che diventato il rifugio dei disperati che lo stato italiano abbandona.
Un sistema di accoglienza incapace di rispondere alle esigenza dei rifugiati, perché non pensato per dare soluzione ai loro problemi, pensato come creare posto di lavoro per cooperative o associazioni, dove le risorse non bastano mai.  Le parole di questi giorni del Ministro dell'Interni, se anche tardive per un governo già dimissionario speriamo che si cerca una soluzione che sia al di fuori del già collaudato intervento di emergenza, quando questo è un problema cronico, la soluzione è come fanno in tutti paesi civili, ai rifugiati e profughi ai quali lo stato ha riconosciuto protezione sussidiaria o umanitaria, vanno assegnate case popolari o vanno dati i contributo in denaro per pagarsi un affitto. Torniamo alla legge Marteli che prevedeva di dare il contributo in denaro al diretto interessato, poi ogni uno si trova una sistemazione come meglio crede.
Non serviranno a nulla le solite accoglienza per sei mesi o un anno, come già accade che ha prodotto quello che oggi sotto gli occhi di tutti noi.
Il mio appello alle autorità italiane, di cercare una soluzione duratura nel tempo, pensando alle Persone e loro bisogno, non al problema da risolvere per fini eletorali.
don Mosè Zerai

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