giovedì 9 febbraio 2012

Piano Onu per risolvere il dramma dei profughi rapiti dai predoni nel Sinai

http://www.oecumene.radiovaticana.org/it1/articolo.asp?c=561700


L’Onu scende in campo per cercare di risolvere la drammatica situazione delle centinaia di persone, soprattutto eritree, sequestrate, a scopo di estorsione, da bande di predoni nella penisola egiziana del Sinai. Di molti di loro non si hanno più notizie. Probabile l’utilizzo dei loro corpi per il traffico di organi umani. Giancarlo La Vella ne ha parlato conLaura Boldrini, portavoce dell’Acnur, l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati.RealAudioMP3 

R. – L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati è venuto a conoscenza di questa tragedia da tempo. Sappiamo dal 2010 – che c’è questa situazione scellerata e siamo intervenuti a più riprese, anche con le stesse autorità egiziane. Purtroppo, però, ci siamo scontrati con il fatto che questa zona sembra essere una terra di nessuno, dove comandano, di fatto, i predoni, i beduini. Certo è che, ad oggi, si può parlare veramente di una rete che impone ai sequestrati le violenze più terribili. Devo, però, anche spiegare i meccanismi che vengono messi in atto in questi sequestri, a scopo di estorsione. L’Eritrea è un Paese, da dove la gioventù tenta di fuggire e i motivi sono vari. Ad esempio, un servizio di leva obbligatorio impone a questi ragazzi – uomini e donne – di entrare sotto le armi giovanissimi, a 16 anni, e senza scadenza, quindi, senza avere una certezza del futuro. Molti tentato quindi di andare via, sostenuti dalle famiglie, che però poi affrontano serissimi problemi con le autorità, perché sono arrestati e debbono rispondere direttamente della fuga dei ragazzi. I giovani in fuga dall’Eritrea arrivano quasi tutti in Sudan. Alcuni di loro fanno sosta nel campo di Shagarab, gestito dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, e da questo campo diversi di loro poi escono nel giro di un paio di mesi, perché entrano in contatto con chi può consentire loro di continuare il viaggio. Questo passaggio viene fatto su base quasi sempre libera, ma anche spinti dalla disperazione. Alcuni di loro purtroppo cadono invece vittima dei predoni. Quando questo accade, per loro, si aprono le porte dell’inferno, perché vengono sequestrati, le famiglie vengono contattate e si richiede loro un riscatto. Si parla di cifre inaccessibili per loro e fintanto che questi soldi non arrivano, i giovani sono nelle mani di questa gente senza scrupoli. Alcuni di questi ragazzi sono stati vittime anche di espianti di organi. E’ un fenomeno, dunque, dalle connotazioni terribili, che l’Alto Commissario ha voluto sollevare, cercando anche sostegno da parte dei governi che dovrebbero, nella regione, collaborare di più per dare delle risposte concrete a questa situazione.

D. – Qual è il piano che l’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati propone a questo punto?

R. – Chiediamo un’azione concreta da parte della comunità internazionale, che passa dal far pressione presso i governi locali, affinché prendano delle misure idonee, ma è anche necessario varare un progetto specifico di ricerca, perché tali fenomeni devono essere anche conosciuti, studiati e capiti per quello che sono. E’ inoltre necessario aumentare la sicurezza nei campi che ci sono nella zona tra Eritrea e Sinai, per sviluppare poi la capacità di chi opera in questi territori di avere delle attrezzature più adeguate per riuscire a dare delle risposte efficaci. Purtroppo risulta che in alcuni casi siano coinvolti in questi traffici anche le forze dell’ordine e gli stessi funzionari. Quindi, la cosa principale è che gli Stati si impegnino a far chiarezza su chi lucra su questa sciagura. Bisognerebbe poi andare anche oltre. Ci sono intere generazioni di eritrei che fuggono dal loro Paese. Bisognerebbe evitare che questa gioventù sia costretta ad andare via dal proprio Paese. Questa sarebbe l’azione più importante da fare: operare alla causa che genera questo spostamento forzato di migliaia e migliaia di giovani. (ap)

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