sabato 14 maggio 2011

LIBIA: LA TESTIMONIANZA DI UN NAUFRAGO

UNHCR
 
Briefing bisettimanale alla stampa
13 maggio 2011

- LIBIA: LA TESTIMONIANZA DI UN NAUFRAGO
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Ieri mattina il personale dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha incontrato tre uomini etiopici di etnia oromo, i quali hanno affermato di far parte dei soli nove sopravvissuti di un’imbarcazione con 72 persone a bordo, salpata da Tripoli lo scorso 25 marzo.
 
La barca di 12 metri, con destinazione Europa, era carica all’inverosimile - racconta uno di loro agli operatori dell’Agenzia - al punto che vi era a malapena lo spazio per stare in piedi. Una volta esaurito il carburante, come anche acqua e cibo, il natante ha iniziato a vagare alla deriva per due settimane prima di raggiungere una spiaggia libica.
 
Per due volte - prosegue il rifugiato - navi militari hanno incrociato l’imbarcazione senza fermarsi. A un certo punto del viaggio un elicottero ha lasciato cadere cibo e acqua sulla barca. La prima nave ha rifiutato la richiesta dei passeggeri di essere trasbordati, la seconda ha scattato soltanto fotografie. L’uomo non è stato in grado di identificare la provenienza delle navi.
 
L’incontro tra gli operatori UNHCR e i tre uomini è avvenuto nel campo di Shousha in Tunisia. Uno di loro parlava arabo - ed è stato intervistato - gli altri oromo. Ha riferito di aver pagato 800 dollari USA ai trafficanti per il viaggio. Gli stessi passeggeri avrebbero dovuto condurre l’imbarcazione.
 
Quando le scorte di acqua sono terminate - aggiunge il rifugiato - le persone hanno cominciato a bere acqua di mare e la propria urina. Hanno mangiato dentifricio. Hanno iniziato a morire uno dopo l’altro. Ma prima di gettare i corpi in mare, hanno aspettato un giorno o due. C’erano anche 20 donne e 2 bambini piccoli sulla barca. Una donna con un bambino di due anni è morta tre giorni dopo il suo piccolo. Enorme è stata l’angoscia della madre dopo la morte del figlio, racconta il rifugiato.
 
Dopo l’arrivo su una spiaggia nei pressi di Zliten, tra Tripoli e il confine con la Tunisia, un’altra donna è morta esausta sulla spiaggia. I 10 sopravvissuti hanno iniziato a camminare fino alla città di Zliten dove sono stati arrestati dalla polizia libica, portati in ospedale e poi in carcere, dove gli è stata data un po’ d’acqua, latte e datteri. Due giorni dopo è morto un altro di loro.
 
Hanno implorato le guardie carcerarie di portarli di nuovo in ospedale. Li hanno accompagnati in quello di al-Khums. Ai medici e agli infermieri è stato detto di dar loro acqua e poi di andar via. Quindi sono stati portati nuovamente in carcere e poi in un altro, quello di Twesha, vicino Tripoli. Qui alcuni amici hanno pagato 900 dollari per il loro rilascio. Adesso l’UNHCR li assiste in Tunisia.

 Per ulteriori informazioni: 
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