mercoledì 28 aprile 2010

Rosarno e il nuovo apartheid. L'Italia nel baratro del razzismo

di Alex Zanotelli - 28 aprile 2010 Non molesterai il forestiero né lo opprimerai perché voi siete stati forestieri in terra di Egitto (Esodo, 22,20). Rosarno è diventata, a livello internazionale, il simbolo di come l’Italia tratta gli immigrati. Infatti, «Rosarno ha rappresentato una sconfitta sociale - come hanno dichiarato con un comunicato stampa i Gesuiti italiani - ed ha rappresentato una sconfitta ben più grande, nel momento in cui gli immigrati, allontanati in tutta fretta, sono stati abbandonati a loro stessi, scaricandoli alle strutture caritatevoli. Coloro che oggi saranno colpiti dai provvedimenti di espulsione, sono i più fragili tra i fragili. Una situazione di ingiustizia dopo lo sfruttamento subito». Ed è una storia, questa, che viene da lontano. A livello sociale, da un razzismo italiano strisciante che ora esplode con tutta la sua virulenza. Un razzismo utilizzato a scopi di propaganda dalle forze politiche di sinistra e di destra. La situazione attuale ha origine nella Turco-Napolitano (1998), che ci ha regalato i Centri di permanenza temporanea, quei lager dove abbiamo rinchiuso gli immigrati. Seguita dalla Bossi-Fini che considero immorale e non-costituzionale, perché non riconosce gli immigrati come soggetti di diritto, ma, esclusivamente, come manodopera a basso prezzo da poter rispedire, a tempo debito, al mittente. A queste norme si aggiunge, oggi, quell’orrendo pasticcio giuridico che è il «Pacchetto sicurezza» voluto da Maroni, che decreta l’immigrato un criminale. Il nostro Ministro degli Interni Maroni aveva detto che «bisogna essere cattivi con gli immigrati» ed effettivamente, «il Pacchetto Sicurezza è la cattiveria trasformata in legge», come ha scritto Famiglia Cristiana. Maroni, poi, ha pure dichiarato di voler far costruire una decina di nuovi Centri di identificazione ed espulsione (Cie) ove saranno rinchiusi fino a sei mesi i clandestini. Questa è una legislazione da apartheid, il risultato di un mondo politico di destra e di sinistra che ha messo alla gogna lavavetri, ambulanti, rom e mendicanti. È una cultura xenofoba e razzista che ci sta portando nel baratro dell’esclusione e del rifiuto dell’Altro. Non posso che condividere quanto ha scritto nel suo manifesto l’Associazione Nazionale Universitaria degli Antropologi Italiani: "La barbarie, come ci ricordò Ernesto de Martino, abita presso di noi e dobbiamo additarla alla coscienza pubblica quando si presenta, come ora, allo stadio germinale". Quell’antropologia, impegnata dalla promessa di ampliare gli orizzonti di ciò che dobbiamo considerareumano, deve denunciare il ripiegamento autoritario, razzista, irrazionale e liberticida che sta minandole basi della coesistenza civile nel nostro Paese, e che rischia di svuotare dall’interno le garanzie costituzionali erette 60anni fa, contro il ritorno di un fascismo che rivelò se stesso nelle leggi razziali. Forse anche allora, in molti, pensarono che non si sarebbe osato tanto: oggi abbiamo il dovere di non ripetere quell’errore». Ecco perché è così importante reagire come Università e come studenti universitari. Ma anche come istituzioni, come associazioni, come cittadini. Come missionario vorrei ricordare a tutti che questa pressione migratoria verso il nostro Paese è dovuta, soprattutto, alla tormentata situazione africana: l’Africa è un continente violentato. La condizione di miseria e oppressione, le guerre troppo spesso dimenticate di Eritrea, Etiopia, Somalia, Sudan, Ciad, sospingono migliaia di donne e di uomini a fuggire attraverso il deserto per arrivare in Libia, dove però sono trattaticomeschiavi, con lunghi anni di lavoro in nero per riuscire a racimolare i soldi (tre-quattromila euro) per la grande traversata. E a migliaia muoiono nel deserto, a migliaia muoiono nel Mediterraneo, decidendo di attraversarlo. Da una ricerca condotta a Lampedusa, Giampaolo Visetti, giornalista de la Repubblica, stima che, dal 2002 al 2008, siano morti nel Mediterraneo, 42.000 persone. Trenta persone al giorno! È una vera Shoah! E qual è la risposta del governo? Chiudere le frontiere e bloccare questa «invasione». E per questo si sono stipulati accordi con la Libia per impedire che le cosiddette carrette del mare arrivino a Lampedusa. Com’è possibile firmare un simile trattato con un Paese come la Libia che dimostra di non avere alcuna considerazione e nessun rispetto per i diritti umanie che tratta in maniera disumana gli immigrati presenti nel suo territorio? La politica dei respingimenti adottata oggi dall’Italia determina ilmandare in prigione o alla morte migliaia di persone originarie dell’Eritrea, dell’Etiopia, del Sudan. LE VERITÀ TACIUTE Dobbiamogridare, con forza, queste verità che emergono ma troppo spesso vengono taciute, a tutta l’Italia, al mondo intero. E mi auguro, soprattutto, che sempre più giovani e studenti possano fare propria questa realtà, sì da poter rimettere in discussione un Sistema (il nostro!) che tratta così barbaramente gli immigrati. Vorrei ricordare a tutti quello che Papa Giovanni XXIII proclamò nell’enciclica Pacem in terris, che c’è oggi un diritto negato, il diritto di emigrare. Molti vescovi africani sono intervenuti con forza sulla questione dei migranti durante il Sinodo dei vescovi per l’Africa (Ottobre 2009): «Gli africani continueranno a venire in Europa - ha scritto il vescovo di Makudi (Nigeria), Avenya - con tutti i mezzi, anche al prezzo di morire nel deserto o per mare, finché l’equilibrio economico ed ambientale fra l’Africa e il resto del Mondo non verrà ristabilito da chi è responsabile, e cioè dall’Occidente». Siamo spesso immemori di essere stati noi «forestieri in terra di Egitto», quando così tanti italiani, oltre al doloroso distacco dalla propria terra, hanno sperimentato l’emarginazione, il disprezzo e l’oppressione. È vero, viviamo un tempo difficile, ma, nonostante tutto, può ancora divenire un tempo carico di speranza nella misura in cui saremo capaci di mettere in gioco la nostra vita per la Vita.

Nessun commento: