giovedì 3 dicembre 2009

Il giornale che racconta gli immigrati

Da più di due anni viene prodotto il trimestrale di quattro pagine formato tabloid. Ci lavorano persone di sette nazionalità diverse Domenica Canchano Redattori italiani, collaboratori stranieri: la lezione de "Il Pellicano" «Quando ci tocca da vicino, non c´è miglior interprete che noi stessi». Cheik Ahamadoe Bamba Dieye, per tutti Bamba, 32 anni, nato in Senegal, è certo che per avere una corretta e plurale copertura del tema dell´immigrazione, il giornalismo deve essere etnico. Per questo da più di due anni, assieme ad una redazione composta interamente da italiani e collaboratori di almeno altre sei nazionalità, realizza "Il Pellicano - Voce dei migranti di La Spezia e Massa Carrara". Si tratta di un trimestrale di quattro pagine in formato tabloid, con una tiratura di 3 mila copie, che si propone in primo luogo di informare gli italiani sulle condizioni di vita e le culture degli immigrati in Italia, e far comunicare le diverse comunità tra loro. «L´immagine degli immigrati nei mezzi di informazione molte volte è strumentalizzata - spiega Bamba, laureato in Filosofia in Senegal, e in Italia da dieci anni - . Noi stranieri abbiamo sempre avuto voce tramite associazioni o movimenti che ci aiutano. Con questo progetto invece abbiamo voluto favorire la partecipazione dei cittadini migranti alla vita sociale e culturale del proprio territorio di residenza, aumentando la consapevolezza dei proprio diritti». Il giornale è autofinanziato e viene distribuito gratuitamente dalla Spezia a Massa, ma anche nei centri o associazioni che li sostengono. Mentre la diffusione avviene in forma di volantinaggio ed è gestita dagli stessi collaboratori - tra questi molti operai, ambulanti e colf. «Lavoro come venditore ambulante e tra una trattativa e una vendita riesco a proporre una copia del giornale - racconta orgoglioso Amadou 24 anni, di origine guineana e senegalese, residente alla Spezia da due anni - . Da parte mia, propongo articoli sulle tradizioni e costumi del mio paese, ma parlo anche della musica moderna come l´Hip Hop. Scrivo in francese, inglese e italiano e mi piace farlo anche se non sono un giornalista. Non ho il laptop e per scrivere vado negli Internet point oppure su un semplice quaderno a righe. Tutto è molto artigianale». Che sia svolto da professionisti o volontari, o che sia scritto in italiano o in altre lingue, è un impegno apprezzato sempre più, superando i confini e anche le aspettative. «Siamo circa una decina di collaboratori nelle due redazioni che si trovano alla Spezia e a Carrara - racconta Ilaria Baldi - . Dopo la nascita del giornale abbiamo creato un´associazione Culture Migranti, un centinaio sono gli iscritti, e assieme ai volontari stiamo organizzando corsi gratuiti di italiano, di lingua araba, romena e spagnola, che si tengono proprio nei locali delle due redazioni. Il primo anno erano trenta i corsisti, l´anno dopo il numero è triplicato».

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