martedì 23 giugno 2009

Immigrati, provocazione di Nogaro e Zanotelli: «Permessi in nome di Dio»

Caserta, distribuiti permessi di soggiorno, consegnato un questionario ai cittadini sull’integrazione razziale Il vescovo Nogaro con i permessi di soggiorno in nome di Dio Il vescovo Nogaro con i permessi di soggiorno in nome di Dio CASERTA — Prima doman­da: «Qual è l’unico Paese in Europa a non avere una vera e propria legge sull’immigra­zione e sull’Asilo Politico? Ri­sposta A: L’Isola che non c’è; B: Il Paese dei Balocchi. C: L’Italia. Metti una croce dove ti dice il buon senso». Inizia così il questionario provoca­torio che è stato distribuito ai casertani sabato pomeriggio mentre agli immigrati veniva­no consegnati permessi di soggiorno straordinari, con­cessi direttamente «in nome di Dio». Con tanto di firma del vescovo Raffaele Nogaro e del padre comboniano Alex Zanotelli. Ai casertani, inve­ce, poi, il quiz in tredici do­mande a risposte multiple da compilare con un pizzico di amara ironia. Domanda nu­mero quattro: «E’ ormai cosa nota che gli immigrati ci ruba­no il lavoro. Quali sono le pro­fessioni più soggette a tale in­tollerabile furto? Risposta A: Dirigente d’azienda; B: Consu­lente finanziario; C: Manova­le a giornata nei campi (12 ore per 20 euro)». LA GIORNATA DEL RIFUGIATO - Caserta ha aderito alla giornata mondiale del Rifugiato e alla campagna nazionale «Io non respingo», con il Centro Sociale ex cana­pificio di Caserta, il Movimen­to dei Migranti e dei Rifugiati di Caserta, la Caritas, i Missio­nari Comboniani di Castel Volturno, gli Scout. Sotto gli stand sistemati lungo il corso Trieste, si fa speakeraggio e sensibilizzazione. Parlano gli immigrati, parlano le associa­zioni, parla l’esponente della comunità senegalese di Caser­ta, Mamadou Sy. Intervengono anche Noga­ro e Zanotelli. Il prelato parla di accoglienza e di multicultu­ralità dell’esigenza che Caser­ta diventi il simbolo dell’acco­glienza. Il missionario attacca soprattutto l’accordo Italia-Li­bia sui respingimenti. I PERMESSI - Intan­to firmano permessi di sog­giorno in nome di Dio. I pas­santi si fermano incuriositi, buttano un occhio, e ritirano il sacchetto che arriva dal ser­vizio centrale di protezione dei rifugiati e che a Caserta è stato arricchito con lo specia­le questionario da compilare. Domanda numero 6: «A Ca­serta la Polizia Municipale controlla gli appartamenti de­gli immigrati per essere sicu­ri che non vendano cd o dvd contraffatti (perché questo, si sa, è la piaga numero 1 di Caserta). In cosa altro vorrem­mo vederli altrettanto effi­cienti? a: Con i parcheggiatori abusivi; b: Multare come Dio comanda i deficienti che par­cheggiano in terza fila su Via Roma; c: Farsi trovare quan­do servono». «È necessario far comprendere anche a Ca­serta e ai casertani che sulla questione dei rimpatri — spiega Fabio, del centro socia­le ex canapificio — si gioca una partita importante. In Li­bia non si può tornare, lì non c’è futuro, anzi lì si rischia la vita. Deve essere chiara una cosa: chi viene rispedito in Li­bia non torna al proprio pae­se d’origine perché la Libia è spesso solo terra di passag­gio, e questo, ovviamente, rende il respingimento anco­ra più pericoloso». Il centro sociale ha raccolto anche le te­stimonianze di immigrati. Co­me quella di Stephen, del Ghana, che ha una ferita sul polpaccio sinistro e che dice: «Durante il mio viaggio attra­verso il deserto sono stato venduto e ho dovuto lavorare come uno schiavo venivo continuamente frustrato». Antonella Palermo 23 giugno 2009

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